La Casaforte S.B. est un espace d'art et de pensée indépendant, né en 2011 de la récupération d'un cloître du '500 au cœur des quartiers espagnols de Naples, l'espace est une œuvre ouverte qui tisse des relations et des langages artistiques, fait partie d'une idée qui est celle de ceux qui ont choisi de quitter la ville en y
L'art et l'activisme se traduisent dès le début par un processus de correspondance entre l'intérieur et l'extérieur, avec la plantation de 13 arbres avec autant de fragments d'art dans les racines.
Une régénération environnementale et un projet environnemental, la Casaforte est une intervention visant à défendre l'homme, la nature, l'art et les valeurs humaines qui passe par la collaboration avec certains artisans des quartiers espagnols de Naples pour la réalisation d'œuvres et de projets (le forgeron Balestra, les sœurs Talarico, les usines de sacs submergés etc).
Les résidences d'art et l'accueil ont toujours été une vocation pour les espaces du petit pavillon de La Casaforte qui comprend chaque année des relations personnelles et des auto-candidatures pour des projets avec un dénominateur commun la recherche et l'expérimentation multidisciplinaire.
L'art et l'activisme se traduisent dès le début par un processus de correspondance entre l'intérieur et l'extérieur, avec la plantation de 13 arbres avec autant de fragments d'art dans les racines.
Une régénération environnementale et un projet environnemental, la Casaforte est une intervention visant à défendre l'homme, la nature, l'art et les valeurs humaines qui passe par la collaboration avec certains artisans des quartiers espagnols de Naples pour la réalisation d'œuvres et de projets (le forgeron Balestra, les sœurs Talarico, les usines de sacs submergés etc).
Les résidences d'art et l'accueil ont toujours été une vocation pour les espaces du petit pavillon de La Casaforte qui comprend chaque année des relations personnelles et des auto-candidatures pour des projets avec un dénominateur commun la recherche et l'expérimentation multidisciplinaire.
Uno spazio grandissimo dove l'occhio si perde vagando alla ricerca di qualcosa su cui soffermarsi. Qualcosa che mostri una pertinenza possibile con la vita quotidiana di una famiglia normale.
Siamo stati informati che qui ci vive una famiglia normale. Probabilmente con figli piccoli, visto che ci sono due altalene montate sulle travi, su cui non puoi fare a meno di dondolarti, mentre intuisci una zona domestica poco più in là, grazie a un divano buttato lì ad avvertire di un quotidiano disordine.
Tre livelli, enormi vetrate che danno su un chiostro dove si affacciano tante camere a dimensione normale, che quindi paiono piccole, ognuna distinta da una luce colorata, azzurro, rosa, fucsia, tante finestre che guardano dentro, tra uno spazio e l'altro, tra un dislivello e l'altro. Un'enorme vasca dei pesci che sembra normale, tanti libri che sembrano pochi, il calco gigante di un viso di donna, un poster molto seventy con John Lennon e Yoko Ono appeso sopra un tappeto fatto di jeans, in un angolo che se poi alzi gli occhi sei sotto una volta ad archi del sedicesimo secolo, in cui si intravede il resto di un capitello.
Ma prova ad alzarli nel chiostro, gli occhi, e allora vedi i ballatoi dei Quartieri Spagnoli, i panni stesi, i muri scrostati.
Non c'è niente di prevedibile, niente di rassicurante, niente di borghese qui a Casaforte, nel cuore di Napoli, eppure quando ci entri ti senti inglobata.
Parte di un'idea che è quella di chi ha scelto di uscire dalla città restandoci dentro.
Nata negli spazi dell'antica litografia Manzoni e De Lucia (1950), già Chiostro e parte del Convento della Trinità degli Spagnoli, la Casaforte S.B. (come Sacco e Borrelli, immaginiamo) è una casa-laboratorio ristrutturata da Valeria Borrelli e Antonio Sacco, due napoletani che hanno scelto di restare, facendo della loro casa il perno di una rete di relazioni internazionali.
Alessandra Bernocco
Siamo stati informati che qui ci vive una famiglia normale. Probabilmente con figli piccoli, visto che ci sono due altalene montate sulle travi, su cui non puoi fare a meno di dondolarti, mentre intuisci una zona domestica poco più in là, grazie a un divano buttato lì ad avvertire di un quotidiano disordine.
Tre livelli, enormi vetrate che danno su un chiostro dove si affacciano tante camere a dimensione normale, che quindi paiono piccole, ognuna distinta da una luce colorata, azzurro, rosa, fucsia, tante finestre che guardano dentro, tra uno spazio e l'altro, tra un dislivello e l'altro. Un'enorme vasca dei pesci che sembra normale, tanti libri che sembrano pochi, il calco gigante di un viso di donna, un poster molto seventy con John Lennon e Yoko Ono appeso sopra un tappeto fatto di jeans, in un angolo che se poi alzi gli occhi sei sotto una volta ad archi del sedicesimo secolo, in cui si intravede il resto di un capitello.
Ma prova ad alzarli nel chiostro, gli occhi, e allora vedi i ballatoi dei Quartieri Spagnoli, i panni stesi, i muri scrostati.
Non c'è niente di prevedibile, niente di rassicurante, niente di borghese qui a Casaforte, nel cuore di Napoli, eppure quando ci entri ti senti inglobata.
Parte di un'idea che è quella di chi ha scelto di uscire dalla città restandoci dentro.
Nata negli spazi dell'antica litografia Manzoni e De Lucia (1950), già Chiostro e parte del Convento della Trinità degli Spagnoli, la Casaforte S.B. (come Sacco e Borrelli, immaginiamo) è una casa-laboratorio ristrutturata da Valeria Borrelli e Antonio Sacco, due napoletani che hanno scelto di restare, facendo della loro casa il perno di una rete di relazioni internazionali.
Alessandra Bernocco