La Casaforte S.B. è uno spazio di arte e pensiero indipendente, nata nel 2011 dal recupero di un Chiostro del ‘500 nel cuore dei Quartieri Spagnoli di Napoli. La Casaforte S.B. è una casa laboratorio un’opera aperta che intreccia relazioni linguaggi artistici.
Uno spazio grandissimo dove l'occhio si perde vagando alla ricerca di qualcosa su cui soffermarsi. Qualcosa che mostri una pertinenza possibile con la vita quotidiana di una famiglia normale.
Siamo stati informati che qui ci vive una famiglia normale. Probabilmente con figli piccoli, visto che ci sono due altalene montate sulle travi, su cui non puoi fare a meno di dondolarti, mentre intuisci una zona domestica poco più in là, grazie a un divano buttato lì ad avvertire di un quotidiano disordine.
Tre livelli, enormi vetrate che danno su un chiostro dove si affacciano tante camere a dimensione normale, che quindi paiono piccole, ognuna distinta da una luce colorata, azzurro, rosa, fucsia, tante finestre che guardano dentro, tra uno spazio e l'altro, tra un dislivello e l'altro. Un'enorme vasca dei pesci che sembra normale, tanti libri che sembrano pochi, il calco gigante di un viso di donna, un poster molto seventy con John Lennon e Yoko Ono appeso sopra un tappeto fatto di jeans, in un angolo che se poi alzi gli occhi sei sotto una volta ad archi del sedicesimo secolo, in cui si intravede il resto di un capitello.
Ma prova ad alzarli nel chiostro, gli occhi, e allora vedi i ballatoi dei Quartieri Spagnoli, i panni stesi, i muri scrostati.
Non c'è niente di prevedibile, niente di rassicurante, niente di borghese qui a Casaforte, nel cuore di Napoli, eppure quando ci entri ti senti inglobata.
Parte di un'idea che è quella di chi ha scelto di uscire dalla città restandoci dentro.
Nata negli spazi dell'antica litografia Manzoni e De Lucia (1950), già Chiostro e parte del Convento della Trinità degli Spagnoli, la Casaforte S.B. (come Sacco e Borrelli, immaginiamo) è una casa-laboratorio ristrutturata da Valeria Borrelli e Antonio Sacco, due napoletani che hanno scelto di restare, facendo della loro casa il perno di una rete di relazioni internazionali.
Alessandra Bernocco
Siamo stati informati che qui ci vive una famiglia normale. Probabilmente con figli piccoli, visto che ci sono due altalene montate sulle travi, su cui non puoi fare a meno di dondolarti, mentre intuisci una zona domestica poco più in là, grazie a un divano buttato lì ad avvertire di un quotidiano disordine.
Tre livelli, enormi vetrate che danno su un chiostro dove si affacciano tante camere a dimensione normale, che quindi paiono piccole, ognuna distinta da una luce colorata, azzurro, rosa, fucsia, tante finestre che guardano dentro, tra uno spazio e l'altro, tra un dislivello e l'altro. Un'enorme vasca dei pesci che sembra normale, tanti libri che sembrano pochi, il calco gigante di un viso di donna, un poster molto seventy con John Lennon e Yoko Ono appeso sopra un tappeto fatto di jeans, in un angolo che se poi alzi gli occhi sei sotto una volta ad archi del sedicesimo secolo, in cui si intravede il resto di un capitello.
Ma prova ad alzarli nel chiostro, gli occhi, e allora vedi i ballatoi dei Quartieri Spagnoli, i panni stesi, i muri scrostati.
Non c'è niente di prevedibile, niente di rassicurante, niente di borghese qui a Casaforte, nel cuore di Napoli, eppure quando ci entri ti senti inglobata.
Parte di un'idea che è quella di chi ha scelto di uscire dalla città restandoci dentro.
Nata negli spazi dell'antica litografia Manzoni e De Lucia (1950), già Chiostro e parte del Convento della Trinità degli Spagnoli, la Casaforte S.B. (come Sacco e Borrelli, immaginiamo) è una casa-laboratorio ristrutturata da Valeria Borrelli e Antonio Sacco, due napoletani che hanno scelto di restare, facendo della loro casa il perno di una rete di relazioni internazionali.
Alessandra Bernocco