MARIA. COMBI e VITTORIO AUTERI
Il tema centrale del progetto sono le falene, creature a me care delle quali cercherò di imprimere l'essenza in danza, traendo ispirazione tanto da studi scientifici e naturalistici che le riguardando quanto da simbolismi e da esperienze e sensazioni personali.
La coreografia nascerà in uno stretto dialogo con la musica, perciò questa prima residenza sarà incentrata sulla produzione musicale.
Il polistrumentista e compositore Vittorio Auteri (un mezzo del duo l’écume des jours) ed io, ricercheremo suoni e modalità di movimento per trovare una sinestesia tra danza e musica.
Il tema centrale del progetto sono le falene, creature a me care delle quali cercherò di imprimere l'essenza in danza, traendo ispirazione tanto da studi scientifici e naturalistici che le riguardando quanto da simbolismi e da esperienze e sensazioni personali.
La coreografia nascerà in uno stretto dialogo con la musica, perciò questa prima residenza sarà incentrata sulla produzione musicale.
Il polistrumentista e compositore Vittorio Auteri (un mezzo del duo l’écume des jours) ed io, ricercheremo suoni e modalità di movimento per trovare una sinestesia tra danza e musica.
PRICE
Sequences (I Try My Thong)
vocal improvisation 30min Text by Stefa Govaart
Sequences (I Try My Thong) by PRICE measures reality with melody, tonal plasticity and vocal experiment, instead of lyrics. This parking of lyrics in the middle of sung English phonemes deceives the performative force of language. PRICE’s larynx and technological prosthetic are not explicitly owned by words that “don’t come easy”.1
This vocal performance pays tribute to those who did not grow up speaking English but were nonetheless bombarded with it. PRICE is a child phonetically repeating what it doesn’t understand. But the child isn’t innocent, it is contaminated from the start. Attempting at becoming proficient in the vocabulary of hegemony, the child is intruded upon by enigmatic signifiers it never chose. Its universe is embedded in an ontology of performance operating wholly inside economies of reproduction. Equivocating between willful performance, enigma and oppression, the child’s inner and outer cannot be resolved through the instantiation of a dialectical synthesis: there is no end to being undone in the act of doing. No poison of true sentiments makes die the evil source of an infection from which sprang the golden idioms and premium syntax that pierce through the child. Causal accounts of sequential determination fail to account for the subject’s emergence. There is no free child that first is and is then, having become an adult, repressed. Repression is not performed by the subject but coincides with its emergence.2
If the externalization of the deepest of bodily cavities including the vocal chords is absolute––if the negativity of repression makes you you––then it is the internal contradiction of true sentiments that PRICE cannot own but can share.3
1 F.R. David, Words Don’t Come Easy (1982).
2 By insisting that “something concerning sexuality is constitutively unconscious...unconscious even when it first occurs, and not simply due to a subsequent repression,” philosopher Alenka Zupančič shows that repression constitutes (the emergence of) the subject. Alenka Zupančič, What Is Sex? (2015), p.11.
3 My pressing on the internal contradiction of true––or, free––sentiments via PRICE’s sentimental yet muddled vocals is motivated by thinkers that disinvest from the critical confidence premised on a norm-antinorm logic. There is no dyad capable of enduring the recursive temporality that the historical present urges us to take seriously. At stake here are “the processes through which movements for change are recuperated into the change that does not change—or changes for the worse,” as political theorist Angela Mitropoulos puts it. “Freedom is in unfreedom as the trace of the resistance that constitutes constraint” is a brilliant nondyadic formulation by poet and theorist Fred Moten. In a world built upon the radical exclusion of some that structures the future for all subjects, possibility and impossibility are two sides of the same coin, the Black radical tradition has evidenced time after time. “How might it be thought that there exists a being about which the question of its particular being is the condition of possibility and the condition of impossibility for any thought about being whatsoever?,” scholar Jared Sexton pointedly asks. Angela Mitropoulos, “Art of Life, Art of War: Movement, Un/Common Forms, and Infrastructure” (2018), np; Fred Moten, “Black Optimism/Black Operation” (2007), p.318; Jared Sexton, “The Social Life of Social Death: Afro-Pessimism and Black Optimism” (2011), p.7.
GIULIANA ROSSO E BITES THE SAURUS
La Casaforte S.B. è uno spazio molto particolare, un territorio di ricerca che si incastona perfettamente all’interno dei Quartieri Spagnoli di Napoli, diventando così uno scalo per idee e progetti d’arte contemporanea. Casaforte ingloba – o viene inglobata, dipende dai punti di vista – anche parte del chiostro della chiesa della Santissima Trinità degli Spagnoli, luogo di culto del XVI secolo, ed è proprio questa stratificazione tra antico e contemporaneo a rendere ancora più interessante l’intero concept seguito dai proprietari dello spazio, Antonio Sacco e Valeria Borrelli. Ed è in un ambiente del genere che trova terreno fertile Bite the Saurus, un progetto di ricerca curatoriale diretto da Dalia Maini e Vincenzo Di Marino che, in questa occasione, dopo Luca Staccioli e Roberto Casti, portano sul territorio napoletano una personale della giovane artista torinese Giuliana Rosso dal titolo “A Creepy and Holy Jingle (Un timoroso e Sacro Tintinnio)”.
Attraverso l‘articolato linguaggio della pittura, l’esposizione porta il pubblico a esplorare i diversi concetti connessi alla natura più profonda dell’animo umano, come può essere l’idea del surreale nel quotidiano, del grottesco e del folklore, sino ad arrivare allo stretto rapporto di convivenza tra il tragico e l’onirico. È proprio partendo da questi concetti che l’artista costruisce la pittura per questa personale, compiendo innanzitutto uno studio approfondito sulle diverse figure della tradizione popolare napoletana: janare, streghe, spiritelli e altre creature sovrannaturali che da sempre abitano la psiche degli uomini. Da questo primo studio, Rosso fa partire un secondo filone di ricerca, incentrato sulla spazialità dell’architettura e affrontato con grande creatività, anche grazie alla disseminazione di elementi che rimandano alle tenebre e alle superstizioni.
I dipinti in mostra, per la maggior parte di piccole dimensioni, sono caratterizzati anch‘essi da una figurazione fantasiosa dalle atmosfere tenebrose, i cui colori dai toni ombrosi, stesi in maniera pastosa e materica, ricordano per certi versi le illustrazioni dell’artista americano Tim Jacobus, famoso in Italia per le copertine cult della collana Piccoli Brividi. Di grande effetto Danza sull’erba, installazione pittorica site specific in cui l’immagine del cosiddetto Munaciello, lo spiritello della tradizione napoletana, sembra voler dialogare con lo spazio e con il pubblico, trasmettendo un forte senso di dinamicità e relazione. (Emanuele Castellano)
Attraverso l‘articolato linguaggio della pittura, l’esposizione porta il pubblico a esplorare i diversi concetti connessi alla natura più profonda dell’animo umano, come può essere l’idea del surreale nel quotidiano, del grottesco e del folklore, sino ad arrivare allo stretto rapporto di convivenza tra il tragico e l’onirico. È proprio partendo da questi concetti che l’artista costruisce la pittura per questa personale, compiendo innanzitutto uno studio approfondito sulle diverse figure della tradizione popolare napoletana: janare, streghe, spiritelli e altre creature sovrannaturali che da sempre abitano la psiche degli uomini. Da questo primo studio, Rosso fa partire un secondo filone di ricerca, incentrato sulla spazialità dell’architettura e affrontato con grande creatività, anche grazie alla disseminazione di elementi che rimandano alle tenebre e alle superstizioni.
I dipinti in mostra, per la maggior parte di piccole dimensioni, sono caratterizzati anch‘essi da una figurazione fantasiosa dalle atmosfere tenebrose, i cui colori dai toni ombrosi, stesi in maniera pastosa e materica, ricordano per certi versi le illustrazioni dell’artista americano Tim Jacobus, famoso in Italia per le copertine cult della collana Piccoli Brividi. Di grande effetto Danza sull’erba, installazione pittorica site specific in cui l’immagine del cosiddetto Munaciello, lo spiritello della tradizione napoletana, sembra voler dialogare con lo spazio e con il pubblico, trasmettendo un forte senso di dinamicità e relazione. (Emanuele Castellano)
I quartieri spagnoli di Napoli sono un dedalo di strade e palazzi, nato nel 500 per ospitare le truppe degli Spagnoli arrivate a Napoli per proteggere palazzo reale è un quartiere che ha sostituito una collina verde, un bosco.
Un luogo dove si appartavano gli innamorati , trasformato in alloggi per esercito, con tutto quello che l'insediamento militare comportava, prima cosa l'eliminazione degli alberi con l'edificazione di strade e palazzi, l' impianto di violenza e di guerra , prostituzione, gioco d'azzardo, tutta la fama sinistra dei quartieri spagnoli nasce a seguito di quell' insediamento .
La Casaforte , come casa-laboratorio apre nel 2010, nel Chiostro e nel Refettorio della chiesa e del Convento della Trinità degli Spagnoli, uno dei primi insediamenti degli Spagnoli nei quartieri spagnoli nel 1570 , si tratta di uno spazio di relazione con l'esterno molto importante. Un fulcro che probabilmente ha sempre avuto questo ruolo di fulcro nei secoli .
Partendo da qui ho provato a raccogliere qualche testimonianza sulle entità presenti nel sottosuolo e gli antenati divinizzati qui in quest'angolo dei quartieri spagnoli.
Cinzia lavora in un basso -fabbrica di borse a salita Trinità degli Spagnoli conserva come una reliquia un camice di una giovane operaia morta prematuramente
"Era una nostra amica , Melina, che lavorava con noi… Un giorno sul motorino è caduta ed è morta da quel giorno sono passati 24 anni e noi conserviamo in fabbrica come se fosse la prima volta, come una reliquia, il suo camice sporco di tintura mai lavato… come se fosse adesso adesso tolto da dosso. Lo conservo perché ci teneva tanto il mio principale, ci tengo tanto anch'io, il giorno in cui non ci sarò più lo conserveremo da sua mamma.
E' straordinario il camice é soffice, intatto come se l'avesse tolto adesso da dosso.
Se vuoi te lo faccio vedere non lo tocchiamo mai o quasi mai, perché vederlo mi mette tristezza e mi emoziona allo stesso tempo.
Era una bravissima ragazza è uscita di qua col fidanzato doveva andare a incontrare la suocera è caduta dal motorino ed è morta.
Però vi posso giurare che la settimana dopo che è morta la mamma mi fece salire a casa e mi fece leggere un diario che aveva questa ragazza in questo diario c'era scritto che lei sentiva che doveva morire, non sapeva come ma sapeva che doveva morire , sapeva che stava per morire
…. Tu che sei alta lo vedi quello scatolo là sopra? Prendilo!
Vedi questo oggetto, questo camicie per me è un legame con lei e anche un legame tra la vita e la morte.
Io lo tengo conservato in una busta di cellophane e non ha subito alterazioni in 24 anni, la mamma della ragazza a volte viene a vederlo, a baciarlo.
Sono passati 24 anni e non ha nessun odore particolare non è stato mai lavato. Per me ha un grosso valore emotivo solo a vederlo comincio a sudare, non dico bugie. Quando viene la mamma qua dentro lo apriamo, io le dico signora che c'è? e lei dice mi faresti toccare un poco il camice di Melina per favore , me lo faresti baciare .
Melina quando se n'è andata aveva 19 anni ed è stata sepolta con il suo abito da sposa mai indossato."
Enzuccio il traslocatore e La Casaforte e le voci dal sottosuolo.
"Valeria, dove abiti tu, in mezzo alla Trinità c'era un palazzo sgarrupato.
L'angolo della piazza dove c'è il palazzo rosso di mattoni era tutto sgarrupato, la strada era chiusa , salita Trinità fino alla fabbrica di borse di Cinzia e Anna , stiamo parlando degli anni 70, quando eravamo ragazzi ci incontravamo io, mio fratello e tutti quanti in quella piazza davanti alla chiesa della Trinità.
Salita Trinità degli Spagnoli era chiusa , ci stavano tutte supponte , non si passava erano fatte così come triangoli di muro da palazzo a palazzo , il palazzo tuo aveva due ingressi comunicanti e uno dei due era in questo tratto chiuso da queste supponte .
Insomma noi scavalcavamo facevamo le notti sul tetto sgarrupato accendevamo il fuoco facevamo il Cippo di Sant'Antonio.
Quello che ha fatto sempre paura nel palazzo vostro e che sentivamo le voci , dei lamenti, ci mettevamo sempre paura.
Io ero piccolo facevo il ragazzo del salumiere mi chiamava una signora del terzo piano e io dovevo portare la spesa , lasciavo la spesa giù al palazzo e me ne scappavo .
Poi con gli altri facemmo pure un buco nel muro per passare più facilmente e passavamo da una parte all'altra proprio dove sta La Casaforte il palazzo era sempre aperto e dentro ci stava all'epoca la fabbrica di scarpe...
no, forse ci stava la cromatura del ferro non mi ricordo. Comunque c'era una fabbrica .
E si sentivano le voci provenire dalle catacombe dell'arciconfraternita, entrando dal portone a sinistra c'era un vuoto non c'era il muro che c'è adesso e ti affacciavi e riuscivi a vedere le scale che portavano sottoterra a queste catacombe.
La maggior parte erano tutti i ricoveri durante la guerra …Sì, sì, si erano tutti i ricoveri della guerra -
Sì perché Napoli sotto è tutta vuota e ci sono i ricoveri della guerra … poi un' altra storia che ti posso raccontare è che ci stava un nostro amico in strada Cedronio , qua vicino sempre ai quartieri, ci salutammo una sera dopo essere stati insieme nel palazzo diroccato e il giorno dopo ci chiamò il fratello di questo per dirci che era stato vattuto - Ma chi l'ha vattuto? Non si sa! E tutti dicevano che era stato il monaciello , perché i Monacielli picchiano se non ti vogliono bene.
I monacielli fanno tutt' cos' o ti può andar bene , oppure ti vogliono cacciare dalla casa, oppure ti danno i numeri per vincere. Dipende da come ti comporti, vanno a simpatia .
Se ti vuole bene ti arricchisci , altrimenti è meglio che te ne vai proprio.
Evidentemente a questo l'ha vattuto perché questo era già un poco maleducato, ma ti dico lo scassarono sano sano.
Ho sentito storie di qualcuno molto tempo fa dalle nostre mamme che gli ha portato fortuna o cose così ma quando noi eravamo piccirilli .
Poi ci faceva pure paura quelli che erano malati di asma i lupanari li chiamavamo
La maggior parte si trattava di quelli che facevano il pane. Stava il suocero di mio fratello, si chiamava Enzo, scendeva le 3:30 alle 4:00 di notte dietro Vico San Mattia e cominciava a ululare , aveva l'asma, però noi pensavamo che era un lupo mannaro. La maggior parte facevano il pane lavoravano la notte quindi si sentivano queste voci. Comunque secondo me i quartieri spagnoli fanno paura perché sono quartieri di secoli e secoli quindi se tu vai dentro un palazzo di questi , tutto buio, con secoli di storia già ti prendi paura del passato e delle cose che possono essere successe.
Qua è conservata la storia di secoli e anche delle guerre, Le Quattro giornate di Napoli , poi quando passavano i tedeschi per i quartieri gli si buttava addosso tutta la monnezza che la gente si conservava a casa , mo non è niente a monnezza ca ce sta! "
il fabbro Balestra in Vico tre regine
" Io mi ricordo che negli anni 60 nell'ultimo palazzo di Vico Tofa che confina con l'angolo di Vico Lungo Trinità degli Spagnoli, esattamente dove voi avete piantato gli alberi, ci fu un omicidio un parricidio , un figlio uccise il padre, una cosa tremenda, molto molto cruenta, violenta.
Da allora l'appartamento rimase disabitato legato a questo evento terribile e poi un giorno lo affittarono e questo che si trasferì fu picchiato violentemente da qualcuno, uscì pure sui giornali.
Ma non c'era nessuno, in casa quando il nuovo inquilino era stato picchiato quindi si dice che la casa era infestata dal fantasma di questo padre morto o comunque da un monaciello cattivo che aveva spinto il ragazzo ad uccidere il padre e che poi picchiava tutti quelli che si trasferivano ad abitare lì. Guarda, Valeria quello uscì pure sui giornali. Io me lo ricordo devi andare a vedere sui giornali degli anni 60.
Manila nipote di una Janara
"Era una bambina avevo 7 anni quando mia nonna mi introdusse al rito delle candele, erano i primi anni Ottanta ,mia nonna faceva la janara; lei era molto credente .
Solo io potevo entrare a sorvegliare le candele perché era un'anima pura. Mi ricordo che aveva acceso le candele in una stanza vuota durante un intervento chirurgico di un vicino, se le candele si scioglievano bene, tutto andava bene e se le candele presentavano delle deformità nello scioglimento ci sarebbero state delle complicazioni.
Così io sola potevo entrare ed uscire da quella camera con la mia ingenuità è la mia purezza a controllare come le candele si stavano sciogliendo.
Mia nonna mi faceva fare anche l'interpretazione dei rumori notturni, i gabbiani, i rumori del vento, i rumori delle macchine, tutto poteva essere interpretato.
I lamenti degli uccelli portavano sciagura, i rumori delle macchine notizie.
Poi una volta mi ammalai di tonsille e mi dovevo operare, allora mia nonna cominciò tutto un percorso per farmi guarire: impastò un tarallo con l'acqua di San Biagio.
Andò nella chiesa di San Biagio a prendere l'acqua santa e impastò un tarallo gigante che appese sopra il mio letto e quel tarallo avrebbe dovuto farmi guarire , poi sosteneva che bisognava rubare, non comprare, un pesce dal pescivendolo , non mi ricordo bene di che pesce si trattasse… Comunque lei andò a rubare questo pesce e lo mise ad essiccare sopra la mia finestra sempre per farmi guarire
Un luogo dove si appartavano gli innamorati , trasformato in alloggi per esercito, con tutto quello che l'insediamento militare comportava, prima cosa l'eliminazione degli alberi con l'edificazione di strade e palazzi, l' impianto di violenza e di guerra , prostituzione, gioco d'azzardo, tutta la fama sinistra dei quartieri spagnoli nasce a seguito di quell' insediamento .
La Casaforte , come casa-laboratorio apre nel 2010, nel Chiostro e nel Refettorio della chiesa e del Convento della Trinità degli Spagnoli, uno dei primi insediamenti degli Spagnoli nei quartieri spagnoli nel 1570 , si tratta di uno spazio di relazione con l'esterno molto importante. Un fulcro che probabilmente ha sempre avuto questo ruolo di fulcro nei secoli .
Partendo da qui ho provato a raccogliere qualche testimonianza sulle entità presenti nel sottosuolo e gli antenati divinizzati qui in quest'angolo dei quartieri spagnoli.
Cinzia lavora in un basso -fabbrica di borse a salita Trinità degli Spagnoli conserva come una reliquia un camice di una giovane operaia morta prematuramente
"Era una nostra amica , Melina, che lavorava con noi… Un giorno sul motorino è caduta ed è morta da quel giorno sono passati 24 anni e noi conserviamo in fabbrica come se fosse la prima volta, come una reliquia, il suo camice sporco di tintura mai lavato… come se fosse adesso adesso tolto da dosso. Lo conservo perché ci teneva tanto il mio principale, ci tengo tanto anch'io, il giorno in cui non ci sarò più lo conserveremo da sua mamma.
E' straordinario il camice é soffice, intatto come se l'avesse tolto adesso da dosso.
Se vuoi te lo faccio vedere non lo tocchiamo mai o quasi mai, perché vederlo mi mette tristezza e mi emoziona allo stesso tempo.
Era una bravissima ragazza è uscita di qua col fidanzato doveva andare a incontrare la suocera è caduta dal motorino ed è morta.
Però vi posso giurare che la settimana dopo che è morta la mamma mi fece salire a casa e mi fece leggere un diario che aveva questa ragazza in questo diario c'era scritto che lei sentiva che doveva morire, non sapeva come ma sapeva che doveva morire , sapeva che stava per morire
…. Tu che sei alta lo vedi quello scatolo là sopra? Prendilo!
Vedi questo oggetto, questo camicie per me è un legame con lei e anche un legame tra la vita e la morte.
Io lo tengo conservato in una busta di cellophane e non ha subito alterazioni in 24 anni, la mamma della ragazza a volte viene a vederlo, a baciarlo.
Sono passati 24 anni e non ha nessun odore particolare non è stato mai lavato. Per me ha un grosso valore emotivo solo a vederlo comincio a sudare, non dico bugie. Quando viene la mamma qua dentro lo apriamo, io le dico signora che c'è? e lei dice mi faresti toccare un poco il camice di Melina per favore , me lo faresti baciare .
Melina quando se n'è andata aveva 19 anni ed è stata sepolta con il suo abito da sposa mai indossato."
Enzuccio il traslocatore e La Casaforte e le voci dal sottosuolo.
"Valeria, dove abiti tu, in mezzo alla Trinità c'era un palazzo sgarrupato.
L'angolo della piazza dove c'è il palazzo rosso di mattoni era tutto sgarrupato, la strada era chiusa , salita Trinità fino alla fabbrica di borse di Cinzia e Anna , stiamo parlando degli anni 70, quando eravamo ragazzi ci incontravamo io, mio fratello e tutti quanti in quella piazza davanti alla chiesa della Trinità.
Salita Trinità degli Spagnoli era chiusa , ci stavano tutte supponte , non si passava erano fatte così come triangoli di muro da palazzo a palazzo , il palazzo tuo aveva due ingressi comunicanti e uno dei due era in questo tratto chiuso da queste supponte .
Insomma noi scavalcavamo facevamo le notti sul tetto sgarrupato accendevamo il fuoco facevamo il Cippo di Sant'Antonio.
Quello che ha fatto sempre paura nel palazzo vostro e che sentivamo le voci , dei lamenti, ci mettevamo sempre paura.
Io ero piccolo facevo il ragazzo del salumiere mi chiamava una signora del terzo piano e io dovevo portare la spesa , lasciavo la spesa giù al palazzo e me ne scappavo .
Poi con gli altri facemmo pure un buco nel muro per passare più facilmente e passavamo da una parte all'altra proprio dove sta La Casaforte il palazzo era sempre aperto e dentro ci stava all'epoca la fabbrica di scarpe...
no, forse ci stava la cromatura del ferro non mi ricordo. Comunque c'era una fabbrica .
E si sentivano le voci provenire dalle catacombe dell'arciconfraternita, entrando dal portone a sinistra c'era un vuoto non c'era il muro che c'è adesso e ti affacciavi e riuscivi a vedere le scale che portavano sottoterra a queste catacombe.
La maggior parte erano tutti i ricoveri durante la guerra …Sì, sì, si erano tutti i ricoveri della guerra -
Sì perché Napoli sotto è tutta vuota e ci sono i ricoveri della guerra … poi un' altra storia che ti posso raccontare è che ci stava un nostro amico in strada Cedronio , qua vicino sempre ai quartieri, ci salutammo una sera dopo essere stati insieme nel palazzo diroccato e il giorno dopo ci chiamò il fratello di questo per dirci che era stato vattuto - Ma chi l'ha vattuto? Non si sa! E tutti dicevano che era stato il monaciello , perché i Monacielli picchiano se non ti vogliono bene.
I monacielli fanno tutt' cos' o ti può andar bene , oppure ti vogliono cacciare dalla casa, oppure ti danno i numeri per vincere. Dipende da come ti comporti, vanno a simpatia .
Se ti vuole bene ti arricchisci , altrimenti è meglio che te ne vai proprio.
Evidentemente a questo l'ha vattuto perché questo era già un poco maleducato, ma ti dico lo scassarono sano sano.
Ho sentito storie di qualcuno molto tempo fa dalle nostre mamme che gli ha portato fortuna o cose così ma quando noi eravamo piccirilli .
Poi ci faceva pure paura quelli che erano malati di asma i lupanari li chiamavamo
La maggior parte si trattava di quelli che facevano il pane. Stava il suocero di mio fratello, si chiamava Enzo, scendeva le 3:30 alle 4:00 di notte dietro Vico San Mattia e cominciava a ululare , aveva l'asma, però noi pensavamo che era un lupo mannaro. La maggior parte facevano il pane lavoravano la notte quindi si sentivano queste voci. Comunque secondo me i quartieri spagnoli fanno paura perché sono quartieri di secoli e secoli quindi se tu vai dentro un palazzo di questi , tutto buio, con secoli di storia già ti prendi paura del passato e delle cose che possono essere successe.
Qua è conservata la storia di secoli e anche delle guerre, Le Quattro giornate di Napoli , poi quando passavano i tedeschi per i quartieri gli si buttava addosso tutta la monnezza che la gente si conservava a casa , mo non è niente a monnezza ca ce sta! "
il fabbro Balestra in Vico tre regine
" Io mi ricordo che negli anni 60 nell'ultimo palazzo di Vico Tofa che confina con l'angolo di Vico Lungo Trinità degli Spagnoli, esattamente dove voi avete piantato gli alberi, ci fu un omicidio un parricidio , un figlio uccise il padre, una cosa tremenda, molto molto cruenta, violenta.
Da allora l'appartamento rimase disabitato legato a questo evento terribile e poi un giorno lo affittarono e questo che si trasferì fu picchiato violentemente da qualcuno, uscì pure sui giornali.
Ma non c'era nessuno, in casa quando il nuovo inquilino era stato picchiato quindi si dice che la casa era infestata dal fantasma di questo padre morto o comunque da un monaciello cattivo che aveva spinto il ragazzo ad uccidere il padre e che poi picchiava tutti quelli che si trasferivano ad abitare lì. Guarda, Valeria quello uscì pure sui giornali. Io me lo ricordo devi andare a vedere sui giornali degli anni 60.
Manila nipote di una Janara
"Era una bambina avevo 7 anni quando mia nonna mi introdusse al rito delle candele, erano i primi anni Ottanta ,mia nonna faceva la janara; lei era molto credente .
Solo io potevo entrare a sorvegliare le candele perché era un'anima pura. Mi ricordo che aveva acceso le candele in una stanza vuota durante un intervento chirurgico di un vicino, se le candele si scioglievano bene, tutto andava bene e se le candele presentavano delle deformità nello scioglimento ci sarebbero state delle complicazioni.
Così io sola potevo entrare ed uscire da quella camera con la mia ingenuità è la mia purezza a controllare come le candele si stavano sciogliendo.
Mia nonna mi faceva fare anche l'interpretazione dei rumori notturni, i gabbiani, i rumori del vento, i rumori delle macchine, tutto poteva essere interpretato.
I lamenti degli uccelli portavano sciagura, i rumori delle macchine notizie.
Poi una volta mi ammalai di tonsille e mi dovevo operare, allora mia nonna cominciò tutto un percorso per farmi guarire: impastò un tarallo con l'acqua di San Biagio.
Andò nella chiesa di San Biagio a prendere l'acqua santa e impastò un tarallo gigante che appese sopra il mio letto e quel tarallo avrebbe dovuto farmi guarire , poi sosteneva che bisognava rubare, non comprare, un pesce dal pescivendolo , non mi ricordo bene di che pesce si trattasse… Comunque lei andò a rubare questo pesce e lo mise ad essiccare sopra la mia finestra sempre per farmi guarire